UNA MADRE SA DARE RADICI E ALI
“I genitori danno due cose ai figli: le radici e le ali. La grandezza e il vigore delle ali dipende dalla profondità e dalla robustezza delle radici”
Così recita un proverbio che ripropongo come incipit per questa breve riflessione sulla funzione materna. Chi è madre? Solo chi concepisce? No, ogni qualvolta accogliamo e siamo presenti ai bisogni di cura e attenzione dell’altro stiamo sperimentando ciò che è una madre. Una madre in primis sa accogliere, così come accoglie per 9 mesi il feto nell’utero materno. Eppure una madre non può svolgere solo una funzione di accoglienza e presenza. Essere madri significa saper anche separarsi dal proprio figlio, esattamente così come avviene durante il momento espulsivo del travaglio. L’utero materno, durante il travaglio, ben rappresenta la duplice funzione di identificazione/separazione che caratterizza il rapporto madre-figlio. Dopo aver accolto il feto per 9 mesi, dandogli un luogo accogliente e protetto, che può essere definito come una fase “paradisiaca”, con le contrazioni uterine e la fase espulsiva, il feto sperimenta una fase “infernale” che culminerà con la nascita e la separazione dalla madre, attraverso il taglio del cordone ombelicale. Senza questa importante fase di separazione non nascerebbe né un figlio né una madre. La separazione, ovvero, la capacità di lasciar andare il feto, permette alla madre di esperire il non POSSESSO del proprio figlio e di vedere in lui un essere vivente unico e irripetibile che non le appartiene. Una madre non è solo una madre; è anche una donna, con passioni e interessi personali, in grado di mostrare al proprio figlio che può e deve separarsi per esistere pienamente e divenire altro da sé. Come creare radici e fornire ali ai propri figli? Come sempre non esiste una formula magica, ma credo che sentirsi amato e desiderato sia ciò di cui tutti abbiamo bisogno, fin da quando siamo nell’utero materno. Seppur non tutti hanno nella propria vita l’esperienza diretta della maternità, tutti noi siamo “figli” e in quanto tali abbiamo fatto esperienza di quanto, oltre alla soddisfazione dei bisogni primari (cibo, pulizia, sonno), abbiamo bisogno del “nutrimento” della relazione affettiva. Quindi ricordiamo di dire ai nostri figli, chiamandoli per nome “CARO/A … sempre e comunque sono qui con te, sempre e comunque ti amo”. Parole di questo tipo sono le radici di cui i figli, seppur ormai adulti, hanno sempre bisogno e grazie a queste radici, piene di amore e riconoscimento, i figli imparano a spiccare il volo con le proprie ali, poiché hanno imparato a ripetersi internamente““CARO/A … sempre e comunque sono qui con te, sempre e comunque ti amo”